Controsenso 15.6.2013 – I Parte del 2° Rapporto
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Consulta l’articolo originale 15 giugno 2013

 

 I LUCANI SULLA CATASTROFE ALL’UNICREDIT

I Parte 2013 – L’intervento di Vittorio Brienza del gruppo di minoranza
ex Banca Mediterranea all’assemblea degli azionisti di Unicredit a Roma

Grafico Perdite

In prima pagina – E’ stato pubblicato qualche giorno fa il verbale ufficiale dell’impegnativa assemblea degli azionisti Unicredit tenuta l’11 maggio 2013 a Roma e rispetto ai 467.000 soci effettivi partecipata soltanto da 43 soggetti aventi diritto al voto in proprio e per delega, rappresentanti il 52,7% del capitale sociale, il cui 99,6% ha approvato il bilancio 2012 di Unicredit. Tra i 43 votanti presenti, si legge nel verbale di 441 pagine oltre allegati, i contrari al bilancio sono stati 15 aventi diritto al voto (detentori della piccola quota 0,02% circa di capitale), tra cui cinque lucani: Elman Rosania, Gianpaolo Di Lucchio, Alfredo Sonnessa, Vittorio Brienza e Michele De Bonis, appartenenti al gruppo di minoranza proveniente dall’ex controllata Banca Mediterranea e da oltre dodici anni impegnato in una complessa vertenza per ottenere il risarcimento dei danni patiti dall’ “ingiusta” fusione per incorporazione varata nel 2000 soltanto per il voto determinante espresso dall’allora controllante Banca di Roma/Capitalita, poi confluita nel 2007 in Unicredit.
Dal verbale risulta che con quattro successivi e coordinati interventi hanno preso la parola in assemblea anche Brienza (pagine 88-95 verbale), Di Lucchio (pagine 95-101), De Bonis (pagine 101-108) e Rosania (pagine 108-116), l’azionista di minoranza dell’ex Banca Mediterranea che guida il gruppo di riferimento nella citata e complessa vertenza risarcitoria contro Banca di Roma/Capitalia-Unicredit, muovendo articolati rilievi e argomentate osservazioni ai vertici di Unicredit. E dal 2000 in poi sono state 26 le assemblee degli azionisti di Banca di Roma/Capitalia-Unicredit partecipate dal gruppo di minoranza meridionale, costretto a seguire le attività ed evoluzioni dell’incorporante di Banca Mediterranea, al fine di tutelare i propri interessi e le proprie posizioni, non ancora definite.

Segue dalla prima pagina – Nell’esercizio 2012 Unicredit ha conseguito tramite sostanziali meccanismi fiscali di recupero di imposte l’utile netto di 865 milioni di euro: un risultato di gestione diverso dalla colossale perdita di 9,2 miliardi di euro del precedente bilancio 2011 e comunque ancora inferiore all’utile netto di 1,3 miliardi di euro dell’esercizio 2010, quando si insediava in Unicredit l’attuale Amministratore Delegato Federico Ghizzoni.
Nell’assemblea tenuta a Roma l’11 maggio 2013  è stato peraltro deliberato a maggioranza lo scarno dividendo di 9 centesimi di euro ad azione, che si riduce a 9 millesimi di euro per ogni azione, se si considera il valore del titolo enormemente ribassato dal 27 dicembre 2011 a seguito dell’accorpamento di 10 azioni Unicredit in una sola, come disposto dagli Organi e Responsabili societari.
Nei quattro interventi svolti dai lucani appartenenti al gruppo di minoranza dell’ex Banca Mediterranea, che peraltro in apertura dei lavori assembleari si erano opposti a Roma alla nomina del notaio Salvatore Mariconda quale Segretario dell’assemblea ordinaria, è stato innanzitutto ribadito il sostanziale azzeramento del titolo Unicredit, nonostante le diverse attività attuate nel 2012 dal management anche tramite il massiccio aumento di capitale di 7,5 miliardi di euro: la quarta operazione straordinaria di conferimento di capitale che, con quelle precedenti deliberate a novembre 2008 e ad aprile e novembre 2009, ha elevato a 18,5 miliardi di euro l’esborso di risorse da parte dei soci Unicredit negli ultimi anni.
In particolare nell’intervento di Vittorio Brienza è stato confermato quanto dichiarato alla precedente assemblea degli azionisti del 2012 sulla colossale «smisurata perdita del 93% di valore» del titolo Unicredit negli ultimi cinque anni in Borsa, mettendo a raffronto la quotazione di chiusura del 07.01.2008 di 56,76 euro (valore aggiornato per l’enorme ribasso a dicembre 2011 dovuto all’accorpamento di 10 azioni Unicredit in 1 sola) e quella del 10.05.2013 di 4,16 euro, senza voler considerare l’altra quotazione di picco massimo del 26.04.2007 di 76,65 euro: «una vera e propria catastrofe per i soci e risparmiatori titolari di azioni Unicredit» ha tuonato Brienza anche quest’anno in assemblea, chiedendo di nuovo ai vertici Unicredit se «qualcuno dei manager e dirigenti con responsabilità strategiche è mai stato chiamato a rendere conto degli errori gestionali», nonché quale contropartita in termini di sanzioni anche economiche e risarcitorie per i danni prodotti ai soci ed alla Banca dovrebbero avere «gli elevati od elevatissimi compensi rilasciati nell’ultimo quinquennio, ed anche prima, a manager e dirigenti» di Unicredit.

Brienza in primo luogo ha affermato che le banche concorrono alle crisi economico-finanziarie quando non concedono credito (cd. credit crunch) e al riguardo ha citato il perdurare della riduzione delle attività di Unicredit anche nel 2012, in quanto «i crediti alla clientela di 547,1 miliardi di euro sono diminuiti di 8,8 miliardi di euro rispetto al 2011 e di ben 65,3 miliardi di euro rispetto al 2008 quando i crediti alla clientela del Gruppo erano 612,4 miliardi di euro». Posto che compito primario di una banca è non solo quello di raccogliere risparmio ma anche di erogare credito e posto che è difficile sostenere che la contrazione sia dipesa soltanto dalla carenza di domanda di credito, Brienza ha domandato ai vertici di Unicredit se la sensibile diminuzione del credito e dei prestiti della Banca a famiglie e piccole e medie imprese «sia stata imposta dalla necessità di porre in essere forme di impiego finanziario a più elevato tasso di redditività, ad esempio con i derivati, o forme di impiego finanziario a più basso coefficiente di rischiosità, ad esempio con i titoli di Stato»; e così il management non ha considerato il fatto che la contrazione del credito a famiglie ed imprese, determinata dalla insufficiente liquidità messa a disposizione dalla Banca, ha procurato un male maggiore perché «si muore prima per illiquidità che per perdite».

In secondo luogo per Brienza le banche concorrono alle crisi economico-finanziarie quando concedono male il credito e procurano «lo scadimento della loro capacità di reddito con conseguenti effetti di addurre quote crescenti di ricavi a rettifiche di valore per svalutazioni, distruggendo così ricchezza ed obbligando a necessari interventi di ricapitalizzazione che Unicredit negli ultimi quattro anni ha effettuato per l’imponente somma di 18,5 miliardi di euro». In merito valgono i dati dei crediti deteriorati netti – sofferenze, incagli, ristrutturati e crediti scaduti – che «con un’impressionante progressione hanno raggiunto in Unicredit la colossale somma di 79,7 miliardi di euro nell’esercizio 2012 rispetto a 72,5 miliardi di euro nel 2011 (o 69,8 miliardi di euro come ricostruiti ex principi IFRS5), con incidenza del 13,62% sui crediti a clientela (al lordo delle rettifiche per svalutazioni) e con rapporto di copertura complessivo “non tranquillizzante” del 44,8%».
Altra grande preoccupazione è dovuta poi ai 34,5 miliardi di euro di rettifiche di valore (per svalutazioni sui crediti a clientela) ed alla gigantesca somma di 49,4 miliardi di euro di rettifiche complessive sempre per svalutazioni, incluse le immobilizzazione materiali ed immateriali e finanziarie, effettuate negli ultimi cinque esercizi 2008-2012, nonché ai 4,5 miliardi di euro di cancellazioni del solo esercizio 2012 «che hanno concorso a deprimere i saldi lordo e netto delle sofferenze» attestate a 44,3 miliardi di euro.

In terzo luogo, ad avviso di Brienza, le banche concorrono alle crisi economico-finanziarie pure quando riducono i loro organici di personale, anche con incentivi all’esodo: nel quinquennio 2008-2012 la riduzione dei dipendenti Unicredit è salita al 10,34%, passando da circa 174.000 unità a circa 156.000 «a dimostrazione che in Unicredit, se la valutazione è stata appropriata, un dipendente su dieci era superfluo».
Questa rilevante contrazione del personale dipendente e la riduzione di circa 900 sportelli del Gruppo nel periodo 2008-2012 «hanno distrutto ricchezza e valore, generato impoverimento, gravato per anni il Gruppo Unicredit di costi enormi ed alla fine hanno danneggiato gli azionisti e la stessa collettività», nonché hanno nettamente smentito le dichiarazioni rese nell’ottobre 2010 dai vertici di Unicredit sulla «apertura di 900 sportelli entro il 2015 tramite auto finanziamento e senza aumenti di capitale, mantenendo peraltro la distribuzione di dividendo».

Infine Brienza ha riproposto i temi del voto per corrispondenza e del collegamento a distanza nelle assemblee degli azionisti, attuabili soltanto dopo adeguate modifiche dello statuto di Unicredit.

Dopo l’intervento di Vittorio Brienza, per il gruppo di minoranza dell’ex Banca Mediterranea, hanno preso la parola Gianpaolo Di Lucchio (sui temi delle vendite concentrate di immobili delle banche, delle attività finanziarie Divisione CIB e delle partecipazioni in società off shore), Michele De Bonis ed Elman Rosania, di cui si darà notizia nei prossimi numeri del giornale, insieme alle risposte loro fornite dall’Amministratore Delegato di Unicredit Federico Ghizzoni, supportato dalla tradizionale e consistente struttura di staff e tecnico-societaria presente in assemblea, di cui il Segretario del Consiglio di amministrazione Lorenzo Lampiano costituisce una delle massime espressioni.
Le «risposte fornite (o non fornite) dai vertici di Unicredit » sono state ritenute del tutto «insoddisfacenti» dai lucani in sede di replica (pagine 164-166 verbale) ed in merito al solo intervento di Brienza innanzi illustrato, si preannuncia, esse hanno riguardato: la riduzione del credito alla clientela italiana e la liquidità nella Banca, i processi e le modalità di erogazione e gestione del credito, la riduzione di personale e filiali sul territorio, le responsabilità e compensi di manager ed amministratori anche riguardo alle azioni risarcitorie individuali consentite ai soci, l’inserimento nello statuto del voto per corrispondenza e del collegamento a distanza dei soci nelle assemblee (pagine 149-153 verbale).

Il 2° Rapporto di Controsenso continua nell’articolo del 22 giugno 2013